Cosa sappiamo dello stress ossidativo?

Lo stress ossidativo è un tipo particolare di stress chimico, indotto, a livello locale e/o sistemico, dalla presenza di un eccesso di specie chimiche ossidanti (SCO), generalmente, ma non esclusivamente, centrate sull’ossigeno (reactive oxygen species, ROS), secondario a un’aumentata produzione delle stesse e/o a una ridotta efficienza dei sistemi fisiologici  di  difesa antiossidanti, preposti al controllo del loro livello/attività.

Tra le altre fonti di SCO, occorre evidenziare i radicali liberi centrati sull’azoto, tra i quali il più importante è dato dal cosiddetto ossido nitrico (NO). Oltre alle specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto, assumono rilevante importanza, infine, i radicali centrati sul carbonio (importanti intermedi della perossidazione lipidica) e le specie reattive del cloro, quali l’acido ipocloroso, responsabile della formazione delle cloro-ammine.

Le specie chimiche ossidanti (SCO) e i mitocondri

Le specie chimiche ossidanti (SCO) sono molecole caratterizzate dalla tendenza a reagire con altre specie chimiche con le quali vengono a contatto. Dato lo stretto legame concettuale esistente fra SCO e le reazioni di ossido-riduzione, è opportuno ricordare in questo contesto che una determinata specie chimica si ossida quando cede uno o più equivalenti riducenti ad un’altra specie chimica in grado di accettarlo/i e che, quindi, si riduce. In pratica, la specie chimica che, al termine della reazione, ha ceduto l’equivalente riducente e si è, quindi, ossidata, avendo anche reso possibile la contemporanea riduzione dell’altra, viene detta “riducente”. Con ragionamento esattamente speculare, la specie chimica che, al termine della stessa reazione, ha accettato l’equivalente riducente, e si è quindi ridotta, è chiamata “ossidante”, in quanto ha reso possibile l’ossidazione dell’altro agente in gioco.

I mitocondri rappresentano la fonte metabolica primaria di ROS perché sulle loro creste sono localizzati i complessi enzimatici della catena respiratoria deputati alla fosforilazione ossidativa. Oltre alla plasma-membrana ed ai mitocondri, anche i perossisomi rappresentano una fonte significativa di ROS. Infine, altra fonte è data dal reticolo endoplasmatico (microsomi), in cui la produzione di specie reattive passa attraverso il citocromo P450, che gioca un importante ruolo nei processi di detossificazione.

I mitocondri sono stati descritti come “le centrali elettriche della cellula”, in quanto collegano le attività di rilascio energetico da parte degli elettroni di trasporto e della pompa protonica, con il processo di conservazione dell’energia frutto della fosforilazione ossidativa, per “trasformare” il valore nutrizionale dei cibi sotto forma di ATP, la principale fonte energetica dell’organismo. Tuttavia tali processi energetici non sono del tutto privi di pericoli: come effetto collaterale la catena di trasporto mitocondriale degli elettroni reagisce direttamente con l’ossigeno molecolare, generando l’anione radicale superossido (O2*), che forma perossido di idrogeno (H2O2), che a sua volta può ulteriormente reagire formando il radicale ossidrilico (HO*). Tutte molecole altamente reattive in senso pro-ossidante.

Oltre a queste reazioni a livello della membrana mitocondriale esterna, l’enzima monoamino-ossidasi catalizza la deaminazione ossidativa delle ammine biogene ed è a sua volta fonte di perossido di idrogeno (H2O2), contribuendo all’aumento delle concentrazioni di specie reattive sia all’interno della matrice mitocondriale che del citosol. Le specie reattive dell’ossigeno generati da mitocondri, o da altri siti all’interno o all’esterno della cellula, causano danni ai componenti mitocondriali e possono avviare processi degradativi e degenerativi.

Tali reazioni tossiche contribuiscono in modo significativo al processo di invecchiamento e formano il dogma centrale della “teoria dei radicali liberi” come base del processo di invecchiamento e dell’”orologio biologico mitocondriale”.

Immaginiamo un tubo di ferro. Forte, compatto. Immaginiamo ora quello stesso tubo, esposto a piogge ripetute, ossidato e quindi arrugginito. Fragile, alterato. La ruggine lo ha logorato, corroso in profondità, mettendone a rischio la solidità, la luminosità e la stabilità.

Ruggine = radicali liberi.

Come la ruggine corrode il tubo di ferro, così i processi ossidativi causati dall’azione dei radicali liberi sull’organismo logorano lo stesso, danneggiandone molecole (esempio il DNA), tessuti (esempio la cute), organi (esempio il cervello) ed apparati (esempio quello cardiocircolatorio).

Questi radicali liberi non si possono vedere né sentire, sono subdoli e silenziosi, eppure rappresentano un’importante minaccia per il tuo organismo, perché ne possono minare l’integrità, comportando una situazione di rischio per il mantenimento del tuo stato di benessere, definita stress ossidativo.

Un aumento dei radicali liberi oltre il valore considerato normale produce pertanto dei danni a livello cellulare, danni che non sono immediati, ma che si manifestano inevitabilmente nel tempo, con una compromissione della stessa funzionalità delle cellule, accelerando il processo d’invecchiamento dell’organismo.

Un delicato equilibrio fra produzione (esterna o interna) e “smaltimento” dei radicali liberi

Nel nostro organismo, dunque, esiste un delicato equilibrio fra produzione (esterna o interna) e “smaltimento” dei radicali liberi (da parte dei sistemi antiossidanti). La rottura di questo equilibrio provoca l’insorgenza di lesioni cellulari, che, se gravi e protratte nel tempo, conducono ad un accelerazione del processo dell’invecchiamento e all’insorgenza di numerose patologie.

Alla luce di queste considerazioni possiamo riassumere ora con più esattezza lo stress ossidativo come una condizione patologica causata dalla presenza nel nostro organismo di quantità eccessive di radicali liberi e di altre specie reattive dell’ossigeno, da ricondursi ad un’eccessiva produzione di questi agenti e/o ad una ridotta efficienza dei fisiologici sistemi di difesa antiossidanti.

In condizioni ottimali l’organismo di una persona sana si difende dallo stress ossidativo attraverso un proprio sistema antiossidante, mediante meccanismi enzimatici prodotti dall’organismo stesso (superossido dismutasi, catalasi, glutatione) e non enzimatici (vitamina A, vitamina E, vitamina C, carotenoidi, bioflavonoidi, polifenoli, etc) assunti con i cibi e le bevande.

Questi meccanismi però sono in grado di neutralizzare solamente quella piccola quantità di radicali liberi che si formano fisiologicamente nella cellula, mentre non sempre sono sufficienti a fronteggiare uno stress ossidativo, cioè un’aggressione corrosiva vera e propria.

La capacità antiossidante dell’organismo è a sua volta condizionata dal suo assetto genetico.  Tra le cause endogene all’organismo sono infatti da citare particolari mutazioni geniche riguardanti la funzionalità degli enzimi anti-ossidanti bio-sintetizzati nell’organismo (glutatione perossidasi, superossido-disismutasi, catalasi).

I meccanismi enzimatici funzionano in modo diverso da soggetto a soggetto, in relazione al corredo genetico di ciascuno. Possono risultare più o meno efficienti nel neutralizzare l’azione dei radicali liberi o nel difendere i tessuti dalla loro aggressione, così come risultare invece deficitari, rendendo necessario un maggiore introito di anti-radicali liberi con la propria alimentazione o ricorrendo a una mirata integrazione.

Possibile oggi monitorare l’eventuale presenza di una alterazione della bilancia ossidativa, così come l’eventuale presenza di un danno ossidativo già intervenuto a livello dello stesso DNA.

 

Tratto da:

 Galimberti D et al,  “La Medicina dell’Aging e dell’Antiaging”, Edra Edizioni 2016.

Galimberti Damiano, “La Dieta del DNA”, HarperCollinsItalia Edizioni 2018.